BIKINI E MEN'S PHYSIQUE – ATLETI A TUTTI GLI EFFETTI | Excellent Style
8 Luglio 2020 In foto: Valentina Teruzzi
Di Claudio Suardi & Chiara De Nigris
Da qualche anno due nuove figure hanno dato slancio al mondo delle competizioni “estetiche” oltre al già noto bodybuilding; bikini e men’s physique.
Sono due categorie difficili da allenare perché il criterio e il giudizio può cambiare di gara in gara.
I presupposti delle bikini, ad esempio, sono bellezza, non troppo muscolose ne troppo definite, non devono presentare inestetismi, avere linea, proporzioni, bellezza del volto, buon aspetto estetico generale, colore, pettinatura e trucco “ad hoc”.
Naturalezza, eleganza, simmetria, sicurezza, carisma e sex appeal sono gli elementi che fanno la differenza.
La preparazione alla gara ai più risulta semplice ma così non è.
Avere volume, densità, giusta definizione comporta grandi capacità e sacrifici.
Come detto, l’obbiettivo della gara è arrivare alla massima forma fisica con
definizione, pienezza, durezza e proporzioni mantenendo la massa muscolare, meno acqua extracellulare possibile e grasso al punto giusto perché spesso il poco grasso tende a svuotare rendendo piatta la muscolatura.
La fotografia iniziale riguarda l’osservazione, immaginando come saranno una volta sul palco.
La composizione corporea “esterna” riguarda le pliche distrettuali e le circonferenze, la BIA fornisce informazioni globali e non distrettuali da leggere e interpretare con accuratezza.
L’occhio e il confronto fotografico nel tempo permettono di vedere progressi e regressi per intervenire immediatamente e con la massima precisione.
Le misure prese non possono e non devono essere confrontate con altri o con la media della popolazione ma solo con gli atleti stessi.
Gli atleti non fanno parte della media della popolazione!
Le aree che portano un atleta in gara passano da composizione corporea /
osservazione / alimentazione / integrazione / allenamento.
Il tutto incastrato a dovere.
Solo l’ottimizzazione “globale” consente di arrivare sul palco al massimo delle proprie possibilità e capacità.
Occorre misurare dose e risposta su ognuno dei cambiamenti che si apportano stando molto attenti a non sfociare nel sovrallenamento che porterebbe inevitabilmente a decremento delle prestazioni e, spesso a antiestetici svuotamenti muscolari.
In questo caso il recupero richiede molte settimane o addirittura mesi.
Una variazione “ricercata” di sovrallenamento è l’overreaching, che solitamente è recuperato in pochi giorni.
L’allenamento deve essere strutturato attraverso fasi di overreaching per fornire varietà e stimoli.
L’overreaching è una condizione nella quale gli atleti si allenano oltre le loro capacità di adattamento spingendosi al punto in cui il processo di ricostruzione (anabolico) e la riparazione dei tessuti non riescono a tenere il ritmo con il processo catabolico o di “esaurimento” e può essere considerato una forma di overtraining a breve termine, nel quale l’adattamento è compromesso ma non c’è alcuna perdita riguardo agli adattamenti precedenti.
Il soggetto sovrallenato incorrerà inoltre nell’alterazione del profilo endocrino (diminuzione del supporto ormonale), aumento della produzione di catecolamine (insonnia), scarsa motivazione (apatia), alterazioni ematologiche come ferro ed elettroliti (debolezza), perdita di forza e massa
muscolare.
Quando le ghiandole surrenali producono troppi o troppo pochi ormoni si soffre di ciò che è stata definita come stanchezza surrenale.
L’incapacità di riposare profondamente porta a essere già affaticati al risveglio, a frequenti cali di zuccheri durante la giornata, sonnolenza dopo i
pasti e fatica ad addormentarsi.
Per combatterla e in caso di preparazione gara: se si è in fase di carboidrati bassi (